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Corrado Peperoni: “Homer Simpson esiste in ognuno di noi…”

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“I Simpson, il ventre onnivoro della TV postmoderna” è il libro, a cura di Corrado Peperoni, ricercatore presso il Dams di Roma Tre, che tratta da nuove e diverse prospettive la famiglia più conosciuta della TV. All’interno del libro undici saggi su I Simpson, tutti molto interessanti. Si inizia con “dal fumetto al cartoon, andata e ritorno” di Giuseppe Cozzolino e Carmine Treanni, che spiegano quanto, in ogni puntata si rimandi ad un universo di simboli e riferimenti alla cultura pop. Barbara Maio illustra come I Simpson utilizzino una struttura narrativa tipica della sit com pur essendo un cartone animato. Alessia Ranieri studia l’espressività dei volti dei protagonisti e Silvia Morales approfondisce il gioco di citazioni e richiami alla produzione cinematografica e televisiva di genere negli speciali di Halloween. Manuela Marziali attraverso le 2 donne Simpson, Marge e Lisa si interroga sul ruolo femminile nel mondo Simpsoniano. Federica Bologna confronta la versione originale dei testi Simpson e le loro traduzioni italiane, mentre Mauro Corsetti si sofferma sull’architettura sia urbanistica della città che interna della casa e dell’arredamento. Reva Wolf riflette sul mondo dell’arte moderna e sui suoi labili confini prendendo spunto dalla domanda “come può una striscia a fumetti dell’autore de I Simpson, Matt Groening, essere esposta al museo d’arte moderna?” che Homer si pone in una scena. Massimo Lori pone l’accento sulla rappresentazione della famiglia Simpson come “consumatori”. Il saggio di Corrado Peperoni si concentra sul contesto competitivo in cui si muove la Fox alla fine degli anni ottanta e su quella prima generazione di bambini che viene cresciuta dai cartoni animati e che oggi, trentenne, è il target ideale per questo tipo di programma. L’ultimo saggio è di Geraldina Roberti che si occupa del pubblico di questa serie studiato attraverso i dati d’ascolto. Questo libro fa parte della collana “Grandi serie televisive Americane”, nata a settembre 2007 proprio con questo volume. Per saperne di più ho fatto a Corrado Peperoni, il suo curatore alcune domande.

Sono state dette e scritte milioni di cose sui Simpson. Perché questo libro? Che cosa aggiunge di nuovo a quello che già è stato pubblicato?
‘Il ventre onnivoro…’ si distingue dalla produzione editoriale italiana già esistente sull’argomento per l’inedito approccio multidisciplinare: accanto a saggi più classicamente inquadrabili nel campo dei tvstudies (narratologia, analisi dei dati di ascolto, analisi della rappresentazione del mondo femminile attraverso le figure di Marge e Lisa), sono infatti presenti saggi che osservano la serie da prospettive decisamente inconsuete nell’approccio ad un prodotto televisivo: architettura (come la costruzione della città di Springfield e degli interni ricorrenti abbia contribuito in maniera fondamentale alla creazione dell’universo simpsoniano), branding (la trasformazione del titolo di una serie televisiva in un brand globale), traduttologia (il confronto tra la versione originale e quella italiana), sociologia dei consumi (come viene rappresentato il mondo dei consumi ne I Simpson?). Ed anche quando abbiamo parlato dell’ipercitazionismo postmoderno della serie, di cui si è già scritto davvero moltissimo, abbiamo cercato un’angolazione originale, concentrandoci sugli speciali di Halloween, e su come al loro interno venga riletta la cinematografia, oltre che la produzione televisiva e letteraria, di genere.

Si tende ad indicare Lisa come la vera coscienza dei Simpson, in contrapposizione alla bassezza e trivialità di Homer e Bart. È possibile invece individuare in questi due personaggi la nostra coscienza più profonda, intesa anche come l’insieme dei difetti che ognuno di noi cerca di non mostrare agli altri tenendoli nascosti nel proprio intimo, ma che comunque tendono ad affiorare nelle più svariate occasioni? Homer e Bart come le voci interiori dei nostri difetti?
Direi di sì… ma in alcuni casi la loro è anche la voce del nostro istinto non mediato dai dettami della convivenza civile e del politicamente corretto.

I Simpson stanno alla famiglia media americana come Fantozzi sta all’impiegato medio italiano (e perciò personaggio prettamente locale) oppure nel loro successo mondiale riscontriamo dei difetti internazionali?
Propendo decisamente per la seconda ipotesi. Il successo globale della serie è indiscutibile indizio della sua capacità di rappresentare in maniera assolutamente credibile, seppur evidentemente caricaturale, il percorso accidentato, sempre in bilico tra piccole grandezze o grandi bassezze, dell’uomo e della cultura occidentale.

E possibile dire che un Homer Simpson non può esistere perché è una persona che ha i difetti di un po’ tutte le genti, le razze e le nazioni?
Dirlo è certamente possibile… ma io, invece, preferisco dire che Homer Simpson esiste, in percentuali più o meno significative, in ognuno di noi…

I Simpson sono un successo internazionale, con ospiti che fanno a gara per apparire nelle varie puntate, libri e programmi televisivi di approfondimento. Questa famiglia media americana che voleva essere un “rutto in faccia” all’America delle famiglie medie americane, e perciò una chiave di critica al sistema, non è forse stata inglobata dal sistema stesso?
Premetto che, fatto salvo il ‘rutto in faccia’, la serie è comunque un omaggio, seppur decisamente sui generis, alla famiglia, che alla fine di ogni puntata torna ad essere unita, confermandosi l’unica istituzione ancora credibile…circondata da esponenti ed autorità del mondo politico (il sindaco Quimby), religioso (il reverendo Lovejoy), economico (Mr. Burns) e dell’informazione (Kent Brochman) che danno invece frequentemente pessima dimostrazione di se stessi nell’amministrazione del potere. Detto questo, è a mio avviso innegabile che dopo venti anni di successo I Simpson, da serie di rottura, si siano ormai trasformati in un classico, assolutamente integrati nei meccanismi economici dello show business (da cui il saggio sul branding), perdendo parte della loro capacità di fornire una ‘visione altra’ della società occidentale.

Perché altre serie del genere, come i Griffin o Futurama non hanno avuto lo stesso riscontro di grande pubblico? Qual è il valore aggiunto dei Simpson?
Per rispondere servirebbe un saggio a parte, ma cercherò di essere breve. In estrema sintesi il valore aggiunto dei ‘gialli’ è nell’appeal transgenerazionale e transculturale…I Simpson sanno intrattenere il pubblico adulto con le citazioni, i richiami all’attualità…mentre i più giovani si divertono con le gag da slapstick comedy di Homer e Bart. A mio avviso Futurama nasce invece, per la sua ambientazione e per la costruzione dei personaggi, con un orizzonte più ristretto, direi di nicchia. Quanto a I Griffin, che riprendono dalla serie di Groening la vena ipercitazionista, mancano della capacità di inserire queste citazioni in modo tale che non disturbino il flusso narrativo per quegli spettatori che non hanno competenze culturali che consentano loro di coglierle…

Quale è il tuo personaggio preferito? Perché?
Homer… perché secondo me ogni uomo, nel segreto della propria casa, lontano da occhi indiscreti, ama concedersi qualche minuto di quella greve e libera rilassatezza di cui Homer riempie le sue giornate…


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